Il duello, il tempo e la sensibilità d'animo

|

image_pdfSalva in PDFimage_printStampa

"Neppur di mosca che l'ali ha distese così repentino è lo scarto"

Questa, per il greco Simonide, è la misura di quanto il tempo della felicità sia separato dall'infelicità. Il latino Orazio, sul passare del tempo, scrisse "aétas: càrpe diém quàm minimùm crèdula pòstero", invitando l'amata Leuconoe a saper cogliere l'attimo, perché esso passa veloce e potrebbe non tornare mai più.

Necessita di una grande sensibilità il saper fermare ad ogni attimo lo scorrere del tempo, inesorabile e sfuggevole come l'avversario di un duello; per la penna di un poeta, questi sono gli istanti di uno sguardo stupito, l'attesa vana di un evento, la lotta infinita, ma sempre inaspettata, tra la follia e la ragione di un amore, il timore e l'ansia del domani, la consapevolezza della morte...non c'è attimo dell'esistenza di un uomo in cui egli non debba affrontare il tempo a viso aperto, desideroso di dominarne il senso.

tempo-lancetteUn filo, sottile ma resistente, lega il tempo e la sensibilità dell'uomo alla pratica della scherma, perché lo schermitore sa che il tempo non è soltanto ciò di cui un orologio può dar conto. Il tempo è per lui qualcosa di più prezioso: percezione di un ritmo, scelta del momento, espressione della massima sensibilità ai silenzi ed all'azione della frase d'armi.

Con buona pace degli storici della scherma, che a tratti ne hanno fatto la caricatura dell'arroganza, nel duello è un'altissima sensibilità a separare la vita dalla morte: quello è l'attimo da cogliere, lo scarto delle ali di una mosca, che occorre sentire, prevedere, comprendere; è la facoltà di percepire sensazioni e di ricevere impressioni attraverso i sensi ed è questa -anche- la definizione comune della parola "sensibilità".

La sensibilità, per sua natura, è rivolta verso gli altri e non può esistere se non oltre la percezione di se stessi; inclinazione a sentire con grande intensità affetti, sentimenti, emozioni -non importa se irrazionali-, sinonimo di finezza e delicatezza, essa dimora in ciascun uomo e si esprime, non senza sorpresa, anche nella scherma: una scherma elegante, infatti, non può che nascere dalla capacità di accorgersi degli altri e di perdurare in tale attenzione.

Che altro nome dare, se non sensibilità, alla percezione di ogni più piccola variazione dell'avversario? Le sentiment du fèr, due lame che si inseguono come sentimenti, si allontanano, si ricercano ed infine, forse, si sfiorano appena: contatto, libertà,insistenza e pressione.

Non è tuttavia la scherma in se stessa a donare sensibilità all'individuo, bensì l'individuo sensibile a donarla alla propria scherma: in tempi civili e moderni, allo schermitore che non è più né cavalier cortese né gentiluomo ottocentesco, è data pur sempre una possibilità: attraverso la scherma può ancora riuscire a spogliarsi dell'apparenza di freddezza -fasullo segno di sicurezza- e dimostrare, invece, che la sensibilità per gli altri, la cura per la forma dei piccoli gesti, l'ansia della gara, il coraggio nell'ammettere la propria insicurezza, l'assiduità nell'illusione della ricerca, non sono affatto segni di debolezza, ma il filo che lega, nella cifra del tempo, i duellanti di ogni epoca.

di Alberto Bernacchi