La scena dell’assalto e la commedia degli inganni

C’è un solo modo per superare l’avversario, se questi ci eguaglia in condizione fisica ed abilità tecnica: il giocare d’astuzia. Solo con l’”inganno”, infatti, si può penetrare la guardia di chi farà del suo meglio per impedircelo: l’arte dello schermitore è, in questo aspetto, assai vicina a quella dell’attore, capace di interpretare il ruolo più adatto al contesto. La sola differenza sta nel pubblico: quello che beneficia dell’arte dell’attore è consapevole che lasciarsi ingannare è il solo mezzo affinché esista la finzione scenica; nella Scherma, al contrario, il nostro primo pubblico è proprio quell’avversario di cui dovremo aver ragione, tutt’altro che disposto a rimanere passivo mentre viene ingannato.

Sulla scena dell’assalto, ciascuno dei due schermitori cercherà di continuo di prevedere e di controllare quale sorta di piano l’avversario stia preparando e, a propria volta, di metterne in campo uno più efficace per contrastarlo: una raffinata arte degli inganni, che in pedana si chiamano “finte”.

IngannoVe n’è una tipologia assai vasta, dalla finta dritta a quella del filo, passando per quella di cavazione, ove dietro a nomi e definizioni complesse, si celano la logica stringente ed il fascino della frase d’armi, che rimandano il nostro pensiero alle “botte segrete” dei Maestri d’altri tempi. E’ così che forse immaginiamo azioni come la finta del filo sottomesso circolato o la controcavazione cavata quando, da bambini, le sentiamo nominare per la prima volta. Patrimonio della tradizione schermistica, nomi e definizioni delle azioni costituiscono più materia di studio per i Maestri che non conoscenza richiesta agli assaltanti ed agli atleti, ma come ogni arte che si rispetti, anche la Scherma ha il suo linguaggio.

Nel gergo tecnico, la finta è, come dice la parola stessa, l’atto di fingere l’esecuzione di un colpo. Per la tradizione trattatistica italiana, essa è cosa ben distinta dalla “seconda intenzione”, che più precisamente è l’opporre una parata alla risposta che l’avversario fa seguire abitualmente alla propria difesa. La chiave, per i trattati, sta nella parola “intenzione”, ovvero se con l’inganno di una finta lo schermitore ritiene di poter superare la difesa dell’avversario e la sua intenzione è questa, la sua azione, qualunque essa sia, pur se comprende una o più finte, rientrerà nella cosiddetta “prima intenzione”. Al contrario, se lo schermitore percepisce di non poter superare la difesa dell’altro, eseguirà l’azione, qualunque essa sia, “di seconda intenzione”, ovvero senza l’idea di toccare, ma eseguendola consapevolmente in modo più contenuto, quasi come se volesse agevolare, addirittura, la difesa dell’avversario, per poi agire, appunto “di seconda intenzione” sull’iniziativa che da essa conseguirà.

Una terminologia più moderna, meno corretta e più gergale, adatta ad una diffusione al pubblico dei meno esperti, accetta di far rientrare anche la finta nell’insieme delle seconde intenzioni, se queste sono intese in senso lato come colpi che non mirano a colpire l’avversario di prima intenzione, ma che piuttosto vogliono sfruttarne la possibile reazione per arrivare a colpirlo in seguito. Nella finta, infatti, velocità esecutiva, distanza (tecn. “misura”) e momento (tecn. “scelta di tempo”) del colpo simulato sono i medesimi della stoccata che si esegue per toccare l’avversario, ma a differenza del colpo di prima intenzione, lo scopo della finta non è di raggiungere subito il bersaglio, bensì di indurre l’altro alla parata che gli è più congeniale. Messo sotto pressione da una simulazione veritiera, infatti, il sistema elaborativo dello schermitore avversario riconoscerà i segnali del pericolo e provvederà a difendersene con l’esecuzione della parata più opportuna, per rendere sicura la superficie di bersaglio che crederà di volta in volta minacciata. Poiché chi esegue la finta avrà già previsto, sulla base dell’osservazione, quale sarà la parata più probabile dell’avversario, questa potrà facilmente essere elusa e la prosecuzione dell’azione dopo la finta porterà concretamente a segno la stoccata. Il saper osservare le reazioni abituali dell’avversario (tecn. “scandaglio”) è fondamentale per lo schermitore, proprio come lo è per l’attore il saper riconoscere in tempo reale l’effetto che la sua interpretazione sta sortendo nel pubblico. Quando avrà osservato e capito entro quale range di possibili reazioni opera l’avversario, stimolandolo con opportune finte per scoprire il suo gioco, lo schermitore dovrà ancora ricorrere ad una serie di finte per riprodurre le condizioni necessarie a realizzare la sua determinazione schermistica (tecn. “traccheggio”).

Sarà poi il momento di eseguire un’ultima finta, quella decisiva per toccare, evitando la difesa dell’altro...

di Alberto Bernacchi