Vincere o non vincere, questo è il problema ?
Sta a noi, quando saliamo in pedana, prendere l'iniziativa, senza badare ai troppi condizionamenti che di fatto ci impongono di essere vincenti ad ogni costo: bisogna partire dal presupposto che una gara è un’esperienza interessante a prescindere dal risultato; sarà degli avversari la responsabilità di riuscire a sconfiggerci, è invece sempre nostra la responsabilità di avere un approccio positivo alla gara.
Bisogna imparare a non pensare alla vittoria come a qualcosa di importante, finendo per vedere in ciascuna gara una potenziale occasione di successo e andando in cerca dell’affermazione ad ogni costo: le gare sono soltanto fonte di divertimento, emozioni e avventura. Le gare rappresentano occasioni di vita ed esperienze importanti, anche se la società moderna ci condiziona a vederle come momenti di separazione tra “vincenti” e “perdenti”; per vivere appieno la competizione con i suoi aspetti più belli, occorrerà far riemergere la natura nascosta di ogni gara: anche se non dobbiamo certamente farne una ragione di vita, non dovremo neppure nascondere la nostra voglia di vincere, che è una cosa naturale, ma viverla secondo una strategia vincente, cioè mantenendo il nostro approccio alla gara sul piano delle emozioni positive e lontano dal lato razionale che fa riemergere il condizionamento sociale al successo. Alle gare, anche chi di solito vince o è considerato “vincente”, se non è in forma o non si è allenato sufficientemente bene, può andare incontro ad una sconfitta da parte di chi di solito perde. Dal punto di vista biologico, il confronto per determinare una dominanza è un fattore naturale: l’espressione del desiderio di vincere e del dispiacere di perdere non è razionale, ma una reazione biologica automatica. Una gara si affronta prima con naturalezza, sulla base di ciò che sappiamo fare, cioè delle nostre capacità tecniche acquisite nel corso degli allenamenti, poi affrontando l’insorgere delle difficoltà causate dalla bravura e dalle qualità dell’avversario, in modo altrettanto naturale; all’inizio si imposta l'incontro su azioni naturali e di cui ci sentiamo sicuri per averle provate in allenamento, finché non si avverte l'accrescersi degli ostacoli frapposti dall’avversario e, a questo punto, si deve creare l'occasione per capire quale sia l’azione giusta per superarlo: il resto viene di conseguenza.
di Alberto Bernacchi