L’individuazione del talento sportivo

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Il problema di individuare il talento sportivo è da sempre uno degli argomenti più discussi e dibattuti da parte degli specialisti, sia a livello di trattazione teorica sia nel tentativo di individuare strumenti pratici utili allo scopo. Va da sé che il talento sportivo, nelle caratteristiche che ne configurano il possesso da parte di un individuo, non può non essere differenziato per le diverse discipline e questo apre alla discussione sull’eccesso di precocità nella ricerca del talento già a partire dalle fasce di età scolari, laddove buona parte del pensiero moderno induce alla molteplicità di esperienze come chiave per lo sviluppo. Non potendo e non volendo qui trattare il complesso di articoli e letteratura sportiva e scientifica in merito, ci basti ricordare che uno dei presupposti fondamentali perché il talento venga messo a frutto è la possibilità del bambino di divertirsi genuinamente nel corso dell’attività motoria, che in tenera età deve comunque sempre essere volta allo sviluppo armonico delle capacità fisiche e mentali correlate al processo di crescita. Anche in età adolescenziale e pre-puberale, lo sviluppo di capacità tecniche specifiche di un’attività sportiva non può non procedere di pari passo con lo sviluppo motorio generale, in considerazione delle caratteristiche antropometriche dell’individuo. Tuttavia resta affascinante la domanda, posta all’allenatore, del come si possa individuare se un ragazzo possiede o meno quella “marcia in più” che gli permetterà di distinguersi a livello agonistico nello sport che pratica. Premesso che nessun allenatore serio e professionale potrà dirsi in possesso della proverbiale boccia di cristallo che gli permetta di predire in tempi non sospetti il successo di un allievo, è pur vero che sin da quando un bambino entra per la prima volta in palestra, se ne possono valutare non solo le eventuali lacune, sulle quali intervenire in fase di sviluppo in direzione della crescita dell’individuo, ma anche i punti di forza che dimostra di possedere in modo del tutto naturale e “non costruito”. Capacità condizionali e coordinative, velocità e destrezza sono frutto non solo di un efficace percorso di educazione motoria o, per i più grandi, dell’allenamento, ma possono essere anche doti innate. Allo stesso modo, per quanto afferisce alla sfera cognitiva, emozionale e psicologica in senso lato è innegabile che vi siano soggetti che sin dalla più tenera età dimostrano capacità di problem-solving e attitudini di concentrazione e ragionamento superiori alla media. Anche questi aspetti sono frutto di un lavoro di educazione familiare equilibrata e responsabile sin dai primissimi mesi di vita, oltre che degli interventi scolastici che si auspicano sempre di altissima qualità formativa, ma nascondono innegabilmente anche una predisposizione “genetica” che orienta il soggetto allo sviluppo di un talento innato.
Nella scherma, i bambini capaci di esporre ordinatamente il proprio pensiero, benché semplice come l’età impone e di cogliere prima degli altri l’essenza del gioco sono avvantaggiati rispetto agli altri. Gli aspetti della gestione ed esposizione del pensiero sono infatti fortemente connessi con le capacità coordinative. Un discorso a parte richiede il concetto di disciplina, che agisce da fattore mascherante: vi sono bambini che appaiono ordinati perché molto disciplinati, ma mancano di un impianto naturale di originalità che permetta loro di attuare efficaci routine di problem-solving. Il fattore emozionale è altrettanto delicato, se pensiamo che l’autocontrollo è una qualità essenziale per lo schermitore, ma che non può nascere dalla frustrazione di quel naturale sistema di tentativi ed errori, sul quale si basa in modo preponderante l’apprendimento in età infantile. I bambini che dimostrano sin da subito di saper assumere e mantenere posizioni schermistiche efficaci, gambe ben piegate, baricentro ben piazzato e spostamenti più sciolti e naturali, saranno sicuramente avvantaggiati nel loro percorso di apprendimento tecnico, anche se con il variare dell’età ed i repentini cambiamenti fisici dovuti alla crescita queste qualità non potranno essere valutate a spot in un singolo momento come cifre di un talento naturale: sarà piuttosto la capacità di adattarsi più rapidamente degli altri allo sviluppo fisico, con possibili capacità propriocettive superiori alla media, a decretare il possesso di un talento innato. Una buona percezione del tempo e del suo variare nel ritmo, anche questa potenzialmente frutto di un’educazione per esempio musicale nei primi anni dello sviluppo, costituiscono doti innate scritte nel bagaglio genetico di un bambino che potranno agevolarlo nel percorso schermistico facendo dire che dispone di un talento naturale nel cogliere il tempo dell’azione. Ugualmente le capacità visive ovvero uno sviluppo della visione periferica superiore alla media possono caratterizzare alcuni soggetti, più abili degli altri nel percepire e “leggere” gli stimoli visivi, con migliori capacità di reazione agli stimoli semplici e complessi, che nella scherma si concretizzano nel possesso di migliori capacità nel contrastare l’azione dell’avversario. Infine, tra i tanti altri spunti di discussione che il tema ci offre, non si può non citare l’indole curiosa, attiva, instancabilmente motivata che, in buona parte frutto dell’educazione familiare, è tuttavia essa stessa anche un possesso genetico di importanza non trascurabile per il successo nella scherma.

di Alberto Bernacchi