Estratto dall’articolo per NuovoSportGiovani.it – parte seconda

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Volutamente, per definire chi pratica l’esercizio della Scherma, evitiamo di ricorrere al termine “atleta’’, cui si potrebbe facilmente indulgere per sottolinearne l’appartenenza al mondo dello Sport ed i benefici che accomunano questa con la pratica di ogni altra attività sportiva. Volendo invece tracciare un più specifico ed ideale filo rosso che meglio contraddistingua l’apprendimento della scherma nel bambino e lo colleghi agli effetti positivi che questa pratica sportiva più di altre consegna all’adulto, parlare di atleta in senso comune può risultare fuorviante e riduttivo, trattandosi di un’Arte marziale. Per la Scherma è ‘’atleta’’ l’individuo che cresce, lo schermitore, che non ricerca una performance quantificabile rispetto ad un avversario, ma instaura un’incessante lotta contro se stesso per il superamento dei propri limiti, di cui l’avversario è rappresentazione e strumento. Allo stesso modo è pienamente atleta il bambino che attraverso la Scherma si forma e che deve fare della crescita prima che della performance il suo obbiettivo. Nella sua origine etimologica ἀθλητής è infatti colui che aspira al premio della καλοκαγαθία , ovvero dell’essere idealmente perfetto, in un’unione di mente e corpo che lo renda con il proprio esempio una persona degna di ispirare la collettività ai più alti valori, prima che un vincente in termini di merito nella classifica. Così, il bambino che attraverso gli strumenti ludici del gioco-scherma viene introdotto già in tenera età a conoscere i fondamentali di questa disciplina, inizia ad essere l’artefice di un percorso che gli permetterà di conoscere e superare i propri limiti, attraverso il confronto con gli altri nell’incontro sportivo, che diventa incontro con se stessi e nella Scherma si chiama “assalto”, non più duello o combattimento, perché si svolge nel rispetto di regole codificate, di disciplina e rispetto dell’avversario.

Diversamente dall’opinione comune, che vuole la Scherma essere uno sport monolaterale, essa è invece un’attività completamente armonica, perché coinvolge tutto l’apparato locomotore nel continuo esercizio del controllo della postura e della ricerca del baricentro nell’alternanza tra equilibrio statico e dinamico. Richiede, inoltre, lo sviluppo di capacità coordinative occhio-mano ed occhio-piede, il cui controllo fine passa necessariamente attraverso un impegno mentale sempre fortemente stimolato nell’apprendimento di automatismi, ma anche rivolto alla destrezza del saper repentinamente abbandonare gli schemi abituali, per trovare una soluzione motoria efficace per circostanze impreviste. La mente dello schermitore è dunque ancorata ad un processo profondo di autocontrollo, ma risulta anche estremamente duttile e flessibile nell’adattarsi a situazioni di crisi che richiedono prontezza non tanto ‘’di riflessi’’, quanto di pensiero. Uno sport cosiddetto a circuito aperto, nel quale la forte collocazione di se stessi nello spazio (distanza, tec. misura) e nel tempo (ritmo) è una richiesta continuamente messa alla prova da fattori esterni di stress, nell’agire non preordinabile dell’avversario, che rendono la competizione dello schermitore assai interiore ed in special modo legata alla propria capacità di adattamento nell’esaltazione del controllo dei compiti assegnati dal focus attentivo.

uomo-vitruvianoDa quanto si è appena accennato, risulta facile comprendere quanto la Scherma agisca sullo sviluppo dell’Autostima, intesa come solida e profonda relazione con se stessi e nell’interazione con gli altri; un solido bagaglio sviluppato in anni di pratica, che condurrà il bambino ad agire più consapevolmente nell’ambiente circostante, relazionandosi senza timore con compiti difficili e maturando la capacità di sostenere con l’impegno le proprie motivazioni ed aspirazioni. La Scherma offre a chi la pratica una sorta di palestra mentale di esercizio parallelo, nel quale l’esperienza di se stessi, la misura del principio di azione-reazione e lo stimolo all’accrescimento, possono essere liberamente sperimentati, procedendo per tentativi ed errori e ricominciando dall’inizio ad ogni eventuale fallimento; altrettanto dinnanzi al successo, sarà necessario il saper continuamente ricominciare il gioco della ricerca, poiché vi sarà sempre un avversario più forte con il quale misurarsi o basterà un minimo cedimento nella gestione di se stessi, per incorrere nell’insuccesso anche di fronte ad un avversario meno preparato tecnicamente e fisicamente. Il bambino schermitore imparerà così ad avere un miglior rapporto con se stesso, sia nel successo sia nell’inevitabile sconfitta, che riuscirà a leggere come una via necessaria per continuare un percorso verso traguardi più alti, anziché come motivo di frustrazione. Nel riconoscere il merito dell’altro, apprezzando la sconfitta subita da parte di un avversario più maturo, si ingenererà un circolo virtuoso di emulazione e competizione, imparando a mettersi in discussione, senza che le difficoltà divengano una minaccia per la propria autostima, ma un motivo in più per accelerare la ripresa dopo una caduta e darsi nuovi obbiettivi e stimoli. Lo schermitore è spinto alla continua ricerca di un avversario più forte, unica via per progredire nel percorso di autocoscienza e crescita e continuare a “fare scherma” nel pieno senso della parola,  anche laddove la crescita tecnica abbia raggiunto il livello del mantenimento. E’ dunque nel piacere dell’esercizio e del continuo accrescimento di sé, di cui la vittoria è risultato piuttosto che scopo, che l’attività schermistica può profondamente far maturare nel bambino una solida esperienza di vita, valida anche per l’età adulta.

 

di Alberto Bernacchi